[Gfoss] Archeologia Subacquea e ESRI: il soldo conta

>Bello,
>la ESRI sponsorizza anche l'archeologia del Salento e con l'Università
>metton giù la Carta Archeologica
>
>http://www.superscuba.it/articoli/14399/rete-fondali-salento/1.html
>
>Ora mi vien da pensare che se una ditta come ESRI investe 290.000 euro
>spera di avere anche un rientro di immagine ed economico è perchè
>diffondendo la cultura GIS per i Beni Culturali (scusate la cacofonia)
>qualcosa si può ottenere.
>
>Invece quando si parla di GFOSS in campo archeologico, mi dispiace
>ammetterlo, gli addetti ai lavori si fregano le mani per l'uso dei >software
>perchè sono GRATIS.
>
>Secondo me è sempre sta diffidenza alla lunga del servizio (c'è un
>ditta
>che mi segue) e poi andar dietro al marengo...
>
>Ma per fare un lavoro di tipo pubblico, non ci vorrebbe un Bando di
>Concorso, perchè da qui sembra che ESRI abbia vinto un >appalto...qualcuno
>sa qualcosa?

Ho letto l'articolo.

Per come lo ho capito io, il lavoro si compone di due parti:

la prima e' l'inventario dei beni da catalogore.
Se si deve fare l'inventario vuol dire che prima non vi era.

Qui i prodotti esri penso aiutino poco.
Ma semebra che l'investimento riguardi proprio questa parte.

Poi, dopo che l'inventario sara' terminato, ovverosia tra un anno , secondo quello che riporta l'articolo,
creeranno una base-dati e poi la metteranno in rete.
Li' è logico ritenere che sara' la stessa ESRI autonomamente a metterlo in rete usando i propri sistemi.

E' ragionevole che se esri finanzia l'inventariazione, poi pretenda di poter mettere lei in rete i risultati.

Non ho letto niente in merito a una presunta gara.
Del resto per come si delinea non credo che avrebbe senso.

Non sarebbe logico che la ESRI metta a disposizione i fondi per l'inventariazione e poi la messa in rete la possa fare qualcun altro.

NOn vi e' niente di male in un ritorno pubblicitario, oltretutto questo crea comunque ricchezza perche' alla fine l'Universita del Salento avra come ritorno un inventario e una base-dati che certamente potranno usare anche per altri scopi.

E la esri avra' come ritorno extra un altro buon numero di neo-laureati che escono dall'universita' con una robusta conoscenza dei sistemi esri.

Anche questo ha un suo valore.

Direi che e' la classica situazione in cui tutti ci guadagnaono.
Almeno sulla base di quello che dice l'articolo.
Poi occorre vedere se ci sono delle clausolette extra...

se ne puo' immaginare di fantasiose, roba che limita il possesso del db finale o che ne assegna la comproprieta' all'investitore privato.
Roba di questo genere insomma.

Se non ci sono, mi pare che l'operazione sia perfetta.

Andrea.

Non sarebbe logico che la ESRI metta a disposizione i fondi per l’inventariazione e poi la messa in rete la possa fare qualcun altro.

NOn vi e’ niente di male in un ritorno pubblicitario, oltretutto questo crea comunque ricchezza perche’ alla fine l’Universita del Salento avra come ritorno un inventario e una base-dati che certamente potranno usare anche per altri scopi.

E la esri avra’ come ritorno extra un altro buon numero di neo-laureati che escono dall’universita’ con una robusta conoscenza dei sistemi esri.

Il problema secondo me sta nel fatto che i dati sono di proprietà ministeriale e pubblica, quindi mi pare strano che il Ministero dei Beni Culturali possa decidere di far finanziare un progetto pubblico direttamente ad ESRI che sfrutta i dati per farsi pubblicità.

Pochi giorni fa in un incontro con il MIBAC, mi è stato fatto notare che io dovrei scegliere se sviluppare un plugin per il GIS open source libero o avere una ditta che fa scavi archeologici, proprio perchè il mio plugin esiste per gestire dati ministeriali e con la “scusa” dell’OPEN SOURCE che arriva a molti perchè è “gratuito”, io mi faccio pubblicità alla mia attività commerciale.

Qui invece abbiamo ESRI, che si può permettere di finanziare un progetto e sfruttarne l’immagine per pubblicità propria…a me starebbe bene, se vi fosse PAR CONDICIO…ogni volta la stessa storia…

Altra cosa che mi chiedevo è: come può competere un software GFOSS, mettiamo QGIS, in un bando come dovrebbe essere stato quello del Salento (visto che si tratta di un settore pubblico), se non può mettere in campo 300.000 euro? O mi sbaglio?

Quoting Luca Mandolesi <mandoluca@gmail.com>:

>
> Non sarebbe logico che la ESRI metta a disposizione i fondi per
> l'inventariazione e poi la messa in rete la possa fare qualcun altro.
>
> NOn vi e' niente di male in un ritorno pubblicitario, oltretutto questo
> crea comunque ricchezza perche' alla fine l'Universita del Salento avra
> come ritorno un inventario e una base-dati che certamente potranno usare
> anche per altri scopi.
>
> E la esri avra' come ritorno extra un altro buon numero di neo-laureati
> che escono dall'universita' con una robusta conoscenza dei sistemi esri.
>

Il problema secondo me sta nel fatto che i dati sono di proprietà
ministeriale e pubblica, quindi mi pare strano che il Ministero dei Beni
Culturali possa decidere di far finanziare un progetto pubblico
direttamente ad ESRI che sfrutta i dati per farsi pubblicità.

Luca, Andrea,
l'argomento è molto importante, e complesso. L'analisi fatta da Andrea non mi
sembra del tutto corretta, nel senso che il paradigma "win-win" si può
considerare effettivamente tale solo se al termine dell'opera di catalogazione
il MIBAC e l'Università avranno il completo e autonomo controllo sulla banca
dati.

Due anni fa il MIBAC ha stretto con Google un accordo per la digitalizzazione di
libri antichi dalla Biblioteca Nazionale di Firenze: completamente gratis per il
MIBAC, che riceve anche una copia digitale dei libri PER I PROPRI USI ma non è
autorizzato a distribuirla. La distribuzione è esclusiva di Google (tramite
Google Books) per 15 anni. Questo è un esempio di accordo fatto dal MIBAC. Si
tratta di un accordo avvenuto al di fuori di appalti, bandi, etc (per certi
versi, simile a quanto sta accadendo con Della Valle e il Colosseo, si potrebbe
dire). E non è particolarmente soddisfacente dal punto di vista del cittadino,
che molto spesso non ha accesso a quegli stessi libri, oppure deve pagare per
poterli riprodurre.

Questo caso rischia di essere simile, e in più di essere una operazione
pubblicitaria non paragonabile a quella del Colosseo (Della Valle non ci vuole
aprire un negozio di scarpe) perché di fatto si tratta di una "prima dose
gratuita" di un prodotto che poi verrà venduto e rivenduto (sotto forma di
licenze, assistenza, corsi, certificazioni).

Comunque, mi sembra affrettato dare giudizi senza conoscere nel dettaglio la
vicenda. E mi sembra invece urgente conoscerne i dettagli, COME MINIMO per la
dovuta trasparenza che una pubblica amministrazione deve avere in tutto il suo
operato. Riusciamo a ottenere queste informazioni?

I problemi che solleva Luca nella seconda parte della sua e-mail sono un
problema centrale, ma non sono in grado di contribuire alla loro discussione se
non in termini molto generici.

Ciao
steko

--
Stefano Costa
http://www.iosa.it/ Open Archaeology

Proverò ad informarmi con l’ANA (Associazione Nazionale Archeologi) e vediamo se qualcuno ne sa qualcosa.

Ciao
Luca

Il problema secondo me sta nel fatto che i dati sono di proprietà ministeriale e pubblica, quindi mi pare strano che il Ministero dei Beni Culturali possa decidere di
far finanziare un progetto pubblico direttamente ad ESRI che sfrutta i dati per farsi pubblicità.

Pochi giorni fa in un incontro con il MIBAC, mi è stato fatto notare che io dovrei scegliere se sviluppare un plugin per il GIS open source libero o avere una ditta >che fa scavi archeologici, proprio perchè il mio plugin esiste per gestire dati ministeriali e con la “scusa” dell’OPEN SOURCE che arriva a molti perchè è
“gratuito”, io mi faccio pubblicità alla mia attività commerciale.

Intanto qui si parla di un Dipartimento di una Universita’ .
E probabilmente hanno un punto di vista leggermente differente.
Una universita’ e’ incoraggiata a trovarsi i fondi sul mercato.

Per il resto la posizione del Ministero mi pare assolutamente condivisibile.
Infatti la differenza che mi pare di captare dai discorsi e’ che in questo caso del Salento,
l’ente (l’universita’ ) non tira fuori un euro.
Per cui una contropartita deve pur esserci.
Invece se è l’ente che paga e’ lecito che pretenda di essere lui il benemerito e non la ditta che ha prodotto la risorsa.

Altra cosa che mi chiedevo è: come può competere un software GFOSS, mettiamo QGIS, in un bando come dovrebbe essere stato quello del Salento (visto che
si tratta di un settore pubblico), se non può mettere in campo 300.000 euro? O mi sbaglio?

Esiste quindi un bando di una gara ?
Non mi e’ ancora chiara questa parte.

Ma ammettendo che sia cosi’.
E’ una strategia commerciale in piena regole.

Ne va apprezzato l’impostazione, molto intelligente.

Probabilmente a un bando del genere , una ditta avrebbe potutto partecipare indipendentemente dal software che usava.
Caso mai, nel caso di una società come la ESRI che ha ricavi anche dalla vendita del software ha potuto conteggiare
nella stima dell’offerta anche il ritorno dal punto di vista della maggiore diffusione dei loro prodotti.
Questo avrebbe potuto permettergli di portare l’offerta a cifre maggiori rispetto ad altri concorrenti.

Sara’ forse il caso di comprare un po’ di azioni della ESRI ? :slight_smile:

Il giorno 12 febbraio 2012 14:25, Luca Mandolesi <mandoluca@gmail.com> ha scritto:

Non sarebbe logico che la ESRI metta a disposizione i fondi per l’inventariazione e poi la messa in rete la possa fare qualcun altro.

NOn vi e’ niente di male in un ritorno pubblicitario, oltretutto questo crea comunque ricchezza perche’ alla fine l’Universita del Salento avra come ritorno un inventario e una base-dati che certamente potranno usare anche per altri scopi.

E la esri avra’ come ritorno extra un altro buon numero di neo-laureati che escono dall’universita’ con una robusta conoscenza dei sistemi esri.

Il problema secondo me sta nel fatto che i dati sono di proprietà ministeriale e pubblica, quindi mi pare strano che il Ministero dei Beni Culturali possa decidere di far finanziare un progetto pubblico direttamente ad ESRI che sfrutta i dati per farsi pubblicità.

Pochi giorni fa in un incontro con il MIBAC, mi è stato fatto notare che io dovrei scegliere se sviluppare un plugin per il GIS open source libero o avere una ditta che fa scavi archeologici, proprio perchè il mio plugin esiste per gestire dati ministeriali e con la “scusa” dell’OPEN SOURCE che arriva a molti perchè è “gratuito”, io mi faccio pubblicità alla mia attività commerciale.

Qui invece abbiamo ESRI, che si può permettere di finanziare un progetto e sfruttarne l’immagine per pubblicità propria…a me starebbe bene, se vi fosse PAR CONDICIO…ogni volta la stessa storia…

Altra cosa che mi chiedevo è: come può competere un software GFOSS, mettiamo QGIS, in un bando come dovrebbe essere stato quello del Salento (visto che si tratta di un settore pubblico), se non può mettere in campo 300.000 euro? O mi sbaglio?

Andrea Peri
. . . . . . . . .
qwerty àèìòù

Il giorno 12 febbraio 2012 14:50, Stefano Costa <steko@iosa.it> ha scritto:

Quoting Luca Mandolesi <mandoluca@gmail.com>:

Non sarebbe logico che la ESRI metta a disposizione i fondi per
l’inventariazione e poi la messa in rete la possa fare qualcun altro.

NOn vi e’ niente di male in un ritorno pubblicitario, oltretutto questo
crea comunque ricchezza perche’ alla fine l’Universita del Salento avra
come ritorno un inventario e una base-dati che certamente potranno usare
anche per altri scopi.

E la esri avra’ come ritorno extra un altro buon numero di neo-laureati
che escono dall’universita’ con una robusta conoscenza dei sistemi esri.

Il problema secondo me sta nel fatto che i dati sono di proprietà
ministeriale e pubblica, quindi mi pare strano che il Ministero dei Beni
Culturali possa decidere di far finanziare un progetto pubblico
direttamente ad ESRI che sfrutta i dati per farsi pubblicità.

Luca, Andrea,
l’argomento è molto importante, e complesso. L’analisi fatta da Andrea non mi
sembra del tutto corretta, nel senso che il paradigma “win-win” si può
considerare effettivamente tale solo se al termine dell’opera di catalogazione
il MIBAC e l’Università avranno il completo e autonomo controllo sulla banca
dati.

Lo avevo detto, occorre vedere se ci sono delle clausolette “extra”.
Ovviamente la proprieta’ deve restare all’ente, altrimenti e’ una altra cosa.

Questo caso rischia di essere simile, e in più di essere una operazione
pubblicitaria non paragonabile a quella del Colosseo (Della Valle non ci vuole
aprire un negozio di scarpe) perché di fatto si tratta di una “prima dose
gratuita” di un prodotto che poi verrà venduto e rivenduto (sotto forma di
licenze, assistenza, corsi, certificazioni).

Chi vivrà vedra’.
Parliamo per ipotesi ovviamente.

Ammesso che il sistema non sia nel controllo dell’ente, cosa forse abbastanza plausibile.
Indubbiamente, se il sistema avra’ un futuro, certamente a un certo momento nel futuro qualcuno si dovrà porre la domanda se riacquisire in casa il sistema oppure no.
Riacquisirlo probabilmente non vorrà dire pagare licenze, ma forse qualche corso si’.
Ma occorre non dimenticare che il valore alla base di questo lavoro e’ la pubblicità che ne deriva.
Il che significa che ora ha un valore.
Tra un certo numero di anni non avra’ il medesimo valore.
Il sistema sara’ vecchio e obsoleto, magari Internet sara’ tutto 3D o anche 4D e questo sistema sara’ invecchiato abbastanza.
Per cui riaacquisirlo significa anche essere pronti a ri-investire per ammodernarlo.
A quel punto potrebbe anche darsi che l’ente faccia 4 cocnti e decida di abbandonarlo, tanto pubblicitariamente e’ ormai consumato,
tecnologicamente non sarebbe piu’ adeguato, e allora che si riprnede a fare ?

Potrebbero riprendersi la base-dati (se gia’ non ne erano in possesso) e finirla li’.

Come dicevo , chi vivra’ vedrà.

Comunque, mi sembra affrettato dare giudizi senza conoscere nel dettaglio la
vicenda. E mi sembra invece urgente conoscerne i dettagli, COME MINIMO per la
dovuta trasparenza che una pubblica amministrazione deve avere in tutto il suo
operato. Riusciamo a ottenere queste informazioni?

I problemi che solleva Luca nella seconda parte della sua e-mail sono un
problema centrale, ma non sono in grado di contribuire alla loro discussione se
non in termini molto generici.

Ciao
steko


Stefano Costa
http://www.iosa.it/ Open Archaeology

Andrea Peri
. . . . . . . . .
qwerty àèìòù

Il giorno dom, 12/02/2012 alle 19.06 +0100, Andrea Peri ha scritto:

Intanto qui si parla di un Dipartimento di una Universita' .
E probabilmente hanno un punto di vista leggermente differente.
Una universita' e' incoraggiata a trovarsi i fondi sul mercato.

Aggiornamento (si fa per dire) sulla vicenda:
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2012/25-gennaio-2012/tesori-sommersi-salentopresto-catalogo-rete-1903005358837.shtml

Solo che sembra un po' diverso:

Il progetto sarà realizzato dal dipartimento dei Beni Culturali
dell’università del Salento e dall’Esri Italia (azienda leader nei
sistemi informativi geografici) ed è stato finanziato al Comune di
Racale dal Consorzio universitario interprovinciale salentino che
quest’anno ha destinato 290mila euro a 15 progetti per la promozione
culturale e turistica di tutto il territorio, da Novoli alla Grecìa.

Che la cifra di 290.000 € sia ripartita sui 15 progetti e non sulla sola
carta archeologica, e che la provenienza non sia di ESRI è confermato
anche da questo altro articolo:
http://www.lecceprima.it/economia/cuis-finanzia-progetti-quindici-comuni-salentini.html

Come dire: è meglio se ritiriamo una buona parte di tutti i discorsi
fatti finora. Rimane valida la domanda iniziale di Luca: come è stata
scelta la partnership con ESRI Italia?

Ciao
steko