[Gfoss] informazione scientifica libera

Salve.
Un tema che mi pare molto vicino a GFOSS, e comunque di notevole
rilevanza, e' quello della liberta' dell'informazione scientifica.
Attualmente, i ricercatori offrono la propria conoscenza quasi sempre
gratuitamente per la pubblicazione di articoli e libri; gli stessi, piu'
o meno, offrono (di nuovo gratuitamente) la propria opera per realizzare
un controllo di qualita' delle stesse. Questa informazione viene
stampata (su carta o su pdf) per essere acquistata da universita' ed
enti di ricerca.
Ergo, c'e' un flusso di informazione fra un'universita' e l'altra, in
cui chi spende e' il produttore di informazione, e chi guadagna e'
l'impacchettatore. A me questo sembra paradossale, ma quello che e' piu'
grave e' che l'impacchettatore rimane il depositario dell'informazione,
che infatti non e' disponibile liberamente, con grave danno per i
cittadini, che in fin dei conti pagano per la produzione di quella
informazione, e non ne possono fruire se non attraverso i ricercatori, e
pagando nuovamente. Inoltre (sorpresa!), le miriadi di giornali
scientifici sono piano piano fagocitati dalle principali case "editrici"
(soprattutto Springer e Elzevier, a quel che ne so), andando verso il
solito vecchio mono o oligopolio.
E' vero che ci sono riviste ad accesso aperto (vedi ad es.
http://www.doaj.org/), ma lo stato di fatto complessivo mi pare scandaloso.
Pareri?
Saluti.
--
Paolo Cavallini: http://www.faunalia.it/pc

22/6/2009 11:18, Paolo Cavallini ha scritto:

Salve.
Un tema che mi pare molto vicino a GFOSS, e comunque di notevole
rilevanza, e' quello della liberta' dell'informazione scientifica.
Attualmente, i ricercatori offrono la propria conoscenza quasi sempre
gratuitamente per la pubblicazione di articoli e libri; gli stessi, piu'
o meno, offrono (di nuovo gratuitamente) la propria opera per realizzare
un controllo di qualita' delle stesse. Questa informazione viene
stampata (su carta o su pdf) per essere acquistata da universita' ed
enti di ricerca.
Ergo, c'e' un flusso di informazione fra un'universita' e l'altra, in
cui chi spende e' il produttore di informazione, e chi guadagna e'
l'impacchettatore. A me questo sembra paradossale, ma quello che e' piu'
grave e' che l'impacchettatore rimane il depositario dell'informazione,
che infatti non e' disponibile liberamente, con grave danno per i
cittadini, che in fin dei conti pagano per la produzione di quella
informazione, e non ne possono fruire se non attraverso i ricercatori, e
pagando nuovamente. Inoltre (sorpresa!), le miriadi di giornali
scientifici sono piano piano fagocitati dalle principali case "editrici"
(soprattutto Springer e Elzevier, a quel che ne so), andando verso il
solito vecchio mono o oligopolio.
E' vero che ci sono riviste ad accesso aperto (vedi ad es.
http://www.doaj.org/), ma lo stato di fatto complessivo mi pare scandaloso.
Pareri?
Saluti.

E non finisce qui
la valutazione della qualità di una rivista scientifica viene fatta
utilizzando l'Impact Factor (IF)
(http://admin-apps.isiknowledge.com/JCR/JCR),
ma l'IF viene calcolato solo per le riviste monitorate dall'ISI, ma per
essere monitorati bisogna pagare.
Un'alternativa open all'IF, con tanto di documentazione critica verso l'ISI, è
PublishOrPerish (http://www.harzing.com/resources.htm#/pop.htm).

Le riviste purtroppo restano a pagamento, e la maggior parte degli editors che
compongono l'editorial board contribuiscono gratis.
Non conosco i costi di stampa su carta di una rivista, ma mi pare che si
aggirano attorno ai 3mila euro l'anno. L'abbonamento per un ente pubblico (ad
es. università) dovrebbe essere almeno 200 euro l'anno, per cui con 20
abbonamenti (cioè 20 università in tutto il mondo) i costi dovrebbero essere
pareggiati

saluti
Roberto

------------------ quote of the day ------------------------------------
"- and you? What do you want?
- now? To win and survive"
         (Rambo II)

--

Il messaggio che segue e' inserito automaticamente dal server di posta dell'Universita' della Calabria

_____________________________________________________________________________

5X1000 all'Universita' della Calabria
Codice fiscale 80003950781

Il 5x1000 a favore dell'Universita' della Calabria significa investire nella ricerca.

L'UniCal, infatti, cosi' come negli anni passati, finalizzera' tutti i contributi che
ricevera' dal 5x1000 in nuove borse di studio per i giovani ricercatori. Il 5x1000,
come noto, non sostituisce l'8x1000 alle confessioni religiose ne' si aggiunge
a quanto dovrebbe comunque essere versato per legge.

Il giorno lun, 22/06/2009 alle 12.38 +0200, Piz ha scritto:

E non finisce qui
la valutazione della qualità di una rivista scientifica viene fatta
utilizzando l'Impact Factor (IF)
(http://admin-apps.isiknowledge.com/JCR/JCR),
ma l'IF viene calcolato solo per le riviste monitorate dall'ISI, ma
per
essere monitorati bisogna pagare.
Un'alternativa open all'IF, con tanto di documentazione critica verso
l'ISI, è
PublishOrPerish (http://www.harzing.com/resources.htm#/pop.htm).

Io opero in un settore un po' marginale rispetto a queste consuetudini
tipo Impact Factor e compagnia.

In ogni caso sono ottimista: seguo da 4 anni "Open Access News"
http://www.earlham.edu/~peters/fos/fosblog.html e il trend è più che
positivo per la crescita dell'Open Access.

In generale, il problema è che si continuano ad utilizzare modelli di
circolazione del sapere propri dei secoli che furono, e questo rallenta
in maniera mostruosa la circolazione stessa. Gutenberg oggi non
stamperebbe la bibbia.

Ciao,
steko

--
Stefano Costa
http://www.iosa.it/ Open Archaeology

Piz wrote:

E non finisce qui
la valutazione della qualità di una rivista scientifica viene fatta
utilizzando l'Impact Factor (IF)
(http://admin-apps.isiknowledge.com/JCR/JCR),
ma l'IF viene calcolato solo per le riviste monitorate dall'ISI, ma per
essere monitorati bisogna pagare.
Un'alternativa open all'IF, con tanto di documentazione critica verso l'ISI, è
PublishOrPerish (http://www.harzing.com/resources.htm#/pop.htm).

Le riviste purtroppo restano a pagamento, e la maggior parte degli editors che
compongono l'editorial board contribuiscono gratis.
Non conosco i costi di stampa su carta di una rivista, ma mi pare che si
aggirano attorno ai 3mila euro l'anno. L'abbonamento per un ente pubblico (ad
es. università) dovrebbe essere almeno 200 euro l'anno, per cui con 20
abbonamenti (cioè 20 università in tutto il mondo) i costi dovrebbero essere
pareggiati

Queste informazioni sui costi sono molto interessanti!

Per completare il quadro aggiungo che alcune riviste della springer
permettono agli autori la scelta di non cedere i diritti ed essere
pubblicati in modalità "open access" sostenendo però le spese di
pubblicazione che si aggirano sui 3000 USD.

FInchè le università e gli enti valuteranno la qualità delle ricerche (e
quindi i gruppi di ricerca da sponsorizzare) in base all'indice ISI (che
non è un indice di qualità ma di marketing) siamo in un triste circolo
vizioso.
Ci sono però tante riviste open access, alcune di elevato spessore
scientifico (imho), il problema è il solito: si tratta di far capire in
certi ambienti che ciò che è open può essere di gran qualità...

Saluti,

--

| Clara Tattoni, PhD
| Laboratorio di Ecologia
| Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale
| Università degli studi di Trento
| via Mesiano 77 - Trento

---------------------------------------------------------------
Please consider the environment before printing this email
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Clara Tattoni ha scritto:

Per completare il quadro aggiungo che alcune riviste della springer
permettono agli autori la scelta di non cedere i diritti ed essere
pubblicati in modalità "open access" sostenendo però le spese di
pubblicazione che si aggirano sui 3000 USD.

Interessante, quindi con un solo articolo open si pagano tutta la
stampa, fantastico.

FInchè le università e gli enti valuteranno la qualità delle ricerche (e
quindi i gruppi di ricerca da sponsorizzare) in base all'indice ISI (che
non è un indice di qualità ma di marketing) siamo in un triste circolo
vizioso.
Ci sono però tante riviste open access, alcune di elevato spessore
scientifico (imho), il problema è il solito: si tratta di far capire in
certi ambienti che ciò che è open può essere di gran qualità...

Giustissimo: perche' non rendere piu' manifesta questa questione, magari
con un sito ad hoc o qualche altra iniziativa pubblica?
Salutoni.
--
Paolo Cavallini: http://www.faunalia.it/pc

On Monday 22 June 2009 13:22:53 Clara Tattoni wrote:

Le riviste purtroppo restano a pagamento, e la maggior parte degli

> editors che compongono l'editorial board contribuiscono gratis.
> Non conosco i costi di stampa su carta di una rivista, ma mi pare che si
> aggirano attorno ai 3mila euro l'anno. L'abbonamento per un ente pubblico
> (ad es. università) dovrebbe essere almeno 200 euro l'anno, per cui con
> 20 abbonamenti (cioè 20 università in tutto il mondo) i costi dovrebbero
> essere pareggiati

Se è per questo a molte riviste non importa minimamente la stampa. Un articolo
scaricato in PDF costa non meno di 18 euro per cui, con il solito conto, con
167 download sono già in attivo.
La realtà è che stiamo parlando di un'industria che si basa su un monopolio
assoluto: non entri in un lavoro accademico se non pubblichi sulle riviste
considerate "affidabili" nei curricula e le riviste sono considerate affidabili in
base a parametri utili alle riviste e non alla comunità.
In campo accademico chi valuta i curricula può pensarla come vuole, ma spesso
è legato proprio a quel mondo dell'editoria che critichiamo. In oltre il
controllo del flusso delle pubblicazioni è uno dei modi di controllare il
mercato della ricerca, un mercato troppo grosso per lasciare la presa.
C'è per finire un punto non di poco conto legato al copyright. Le pubblicazioni
sono l'unico patrimonio personale che un ricercatore può buttare sul tavolo
della roulette del lavoro. Come tutti i tavoli su cui si giocano partite
fondamentali non mancano i giocatori agguerriti, ma neanche i bari. Ci sono
casi di riviste anche prestigiose che hanno dovuto riconoscere di essersi
fatte sfuggire (vale a dire che hanno pubblicato) dei palesi plagi. Se a
questo si aggiungono tutti i casi non noti e non scoperti si arriva a capire
perché molti ricercatori puntino solo alle riviste considerate alle posizioni
alte nei punteggi per curricula e non siano per niente disponibili a rendere
visibili i propri contenuti liberamente o sotto forme di licenze tipo CC o
simili.
Provate ad entrare in una qualsiasi università ed a chiedere se vi danno una
copia in PDF non stampabile, non modificabile ecc. di una presentazione e
ditemi la percentuale di si.

Comunque dopo questa iniezione di ottimismo ho fatto un giro su DOAJ e mi sono
sentito meglio. Grazie per la segnalazione.

Iacopo Zetti

On Mon, Jun 22, 2009 at 11:18:06AM +0200, Paolo Cavallini wrote:

Un tema che mi pare molto vicino a GFOSS, e comunque di notevole
rilevanza, e' quello della liberta' dell'informazione scientifica.
Attualmente, i ricercatori offrono la propria conoscenza quasi sempre
gratuitamente per la pubblicazione di articoli e libri; gli stessi, piu'
o meno, offrono (di nuovo gratuitamente) la propria opera per realizzare
un controllo di qualita' delle stesse. Questa informazione viene
stampata (su carta o su pdf) per essere acquistata da universita' ed
enti di ricerca.

http://cr.yp.to/writing.html

e in particolare:

http://cr.yp.to/bib/online.html

Ma la lettura del tutto e' molto istruttiva, nonostante djb che scrive :wink:

--
Francesco P. Lovergine