INDICE DI RISCHIO
ottima iniziativa. Come Stefano Campus, anche io suggerirei una maggiore attenzione ai termini usati (parlare di vulnerabilita, pericolosita
o rischio e molto diverso, per un argomento cosi
sensibile se non si e chiarissimi si rischia in genere di creare inutili allarmismi nella popolazione). So che molti edifici scolastici nella provincia di Potenza (Basilicata) sono stati censiti, me ne sono occupata anche io in prima persona durante la mia tesi di laurea triennale, che era appunto sulla valutazione della vulnerabilita
degli edifici scolastici. A questo proposito ti consiglio di contattare il Prof. Angelo Masi dell’Universita di Basilicata. Attenzione poi a mescolare dati di provenienza diversa. Infatti esistono diversi metodi per la valutazione della vulnerabilita
e hanno senso solo in un contesto “relativo” e non “assoluto”, confrontando dati di provenienza diversa si rischia di fare una gran confusione.
Sentiti libero di contattarmi in privato se hai bisogno di ulteriori info.
Stiamo lavorando con i dati che vengono forniti dalle scuole stesse o istituzioni.
La grande polemica è che spesso sono stati spesi molti soldi, forse troppi, per la verifica dell’istituto e i risultati non vengono rilasciati. Questo dubbio ammette tutte i dubbi possibili. Se la verifica è stata realmente fatta, o se la scuola è a rischio e si preferisce lasciare la notizia in un cassetto.
Abbiamo omesso perciò la zona, per non generare allarmismi, ma certo, prossimamente, dovremmo evidenziare come urgenti le scuole che non hanno verifica e sono in zona 1. Sarà un passaggio delicato, ma essendo una campagna per la trasparenza dei dati e le scuole sicure bisogna puntare ai problemi.
L’indice che viene fornito dopo le verifiche è l’indice di rischio, che è un valore assoluto, cioè tiene in considerazione tutte le variabili, ad esempio la zona sismica (raggruppate in 4 zone). È appunto per questo motivo che abbiamo deciso di non inserire la zona sismica nelle informazioni visualizzate, poiché avrebbe generato confusione. Ci siamo immaginati genitori di uno studente in cerca di una “scuola sicura”. Tra due istituti con stesso indice di rischio ma su zone diverse di pericolosità sismica (zona 1, alto rischio, e zona 4, per dire), probabilmente un genitore avrebbe scelto quella nella zona meno pericolosa, fraintendendo l’indice di rischio.
Redigerò un glossario così che si possa leggere la mappa con più consapevolezza.
Anche la palette colori è volutamente scelta per non generare allarmismi o aspetti troppo emozionali. Abbiamo provato un color prugna per le scuole senza dati rilasciati e l’intera Italia sembrava malata di peste. Siamo tornati su toni più alti per non disturbare.
Stiamo cercando in tutti i modi di non generare allarmismi e spero di essere più cauto possibile.
GEOCODING
Stiamo lavorando con http://www.voglioilruolo.it/ per un crowdsourcing, per ripulire i dati sporchi che abbiamo; speriamo di eliminare tutti i problemi nel tempo. Il Geocoding è gestito da voglioilruolo.it stesso.
Il giorno 25 settembre 2012 20:47, Paolo Corti <pcorti@gmail.com> ha scritto:
2012/9/25 Vittorio Colombo <vitcol@alice.it>:
Mi permetto, per esperienza diretta, di dare un consiglio strettamente tecnico riguardo la geocodifica di Google, al di là dei noti limiti di licenza.
La geocodifica di Google va ovviamente bene in interattivo, quando cerchiamo un indirizzo pronti a verificare e correggere il tiro, ma è una bestia cattiva poco adatta al batch.
Ha infatti il brutto vizio di riconoscere la via “giusta” ma nel Comune a fianco, a seconda di dettagli di scrittura che, in una banca dati non certificata e non normalizzata, sono poco controllabili.
Per intendersi, provate in Google a cercare “Via Giuseppe Verdi, Coriano” e poi " Via Verdi, Coriano" e… ecco, avete visto.
Quello scherzetto è solo la punta dell’iceberg, succede anche coi civici, cose del tipo “via roma 12” è posizionato correttamente ma se cerco “via roma 14” casco al Comune vicino: perché quel civico 14 non lo conosce, e lui pensa di dare un bell’aiuto. In realtà nel 99% dei casi la ragione è una incompletezza dei dati che stanno dietro e l’effetto è appunto devastante.
Questo per dire, se si vuole un lavoro serio, attenzione che Google potrebbe essere inadatto già a priori.
Personalmente ho usato le API per il geocoding di Google e Geonames: a
me la prima sembra dare risultati sicuramente migliori (al momento),
però legalmente non è utilizzabile a meno di non visualizzare i
risultati su con l’API di GoogleMap. Quindi non è una via percorribile
(ed infatti l’ho abbandonata in un’applicazione in cui uso Leaflet,
ovviamente per processi in batch c’è lo stesso limite).
Recitano infatti i TOS: “the Geocoding API may only be used in
conjunction with a Google map; geocoding results without displaying
them on a map is prohibited”
ciao
p
–
Paolo Corti
Geospatial software developer
web: http://www.paolocorti.net
twitter: @capooti
skype: capooti
Gfoss@lists.gfoss.it
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Massimiliano Mauro
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